Questo blog nasce con l'intento di scrivere liberamente, senza limiti di argomenti e di tempo. Il titolo stesso spiega, appunto, che si tratta di pensieri e riflessioni personali fatti a voce alta, cioè, volutamente messi a disposizione di chi li leggerà, per scelta o per caso, anche senza condividerli. I miei sono discorsi strettamente soggettivi e non hanno la benché minima pretesa di proferire chissà quali verità o di parlare per conto di grandi masse; assolutamente no, io parlerò da un punto di vista strettamente personale e solo per mio conto...

martedì 30 giugno 2015

Vernacolando I

A me’ Bagnara
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Bagnara non è ‘mpajsi, è na randi casa
C’u nu giardinu e u mari chi s’a basa
Tri corridoi ‘nci sunnu e du’ saluni
E poi deci cucini e sei barcuni

‘Nci sunnu na veranda e na terrazza
I gebbi e tanti cessi senza tazza
Non mancunu di cert’ i stanz’ i lettu
E ‘nci su cantini di tuttu rispettu

Bagnara non è ‘mpajsi, ma na ‘nnatata
Nu tuffu, na calata e na ‘ssumata
È fhjàuru di rangi e di limuni
È fhjàuru di pisci e di turruni

Bagnara è terra trugghja e terra sicca
C’è aund’è mort’i fami e aund’è ricca
‘Ndi vitti tanti cosi, belli e brutti
Tant’autri ‘ndi sapi, e i sannu tutti

Bagnara non è ‘mpajsi, è na longa storia
Chi principia cu na randi Chiesa
E chi cuntinua ancora, ora



Francesco Tripodi, 30/05/15

giovedì 25 giugno 2015

Dialetto

Fin da giovanissimo ho parlato il dialetto e l’ho sempre dato per scontato. Ma quando mi sono soffermato ad analizzarlo, ho scoperto che è una vera e propria lingua, con la sua grammatica e i suoi suoni, e che è bello e difficile da scrivere.  Come dire: “Tra il dire e il fare, in questo caso lo scrivere, c’è di mezzo il mare”.
Abituato com’ero con l’italiano, dove le parole si scrivono così come si leggono, senza una pronuncia, al massimo, spostando l’accento da una sillaba all’altra, il dialetto richiede un accostamento diverso delle lettere in modo da poterne riprodurre alcuni suoni particolari; e, soprattutto, l’introduzione della lettera “J”, che non c’è nell’alfabeto italiano, ma che serve a scrivere quelle parole che si pronunciano scivolando sulla “i”. Anche l’uso della “H” è particolare per poter riprodurre foneticamente alcune pronunce. E poi ci sono tutte le parole tronche all’inizio, che non si trovano in italiano, e che invece sono diffusissime in dialetto; sono parole che dovrebbero cominciare con in, im, ecc., ma che vengono troncate con un apostrofo e magari iniziano con due consonanti. Per esempio: ‘mbunari, ‘cchiù, ‘ncastratu. Comunque, mi è capitato di leggere tanti scritti in dialetto e ho trovato che vari autori scrivevano la stessa parola in maniera diversa. Per esempio: “Fhjauru”. Oltre che così, l’ho vista scritta solo con la “H” iniziale, oppure con la “i”  al posto della “j” o con tutt’e due. E così tante altre. Questo perché non esiste un vocabolario di riferimento del dialetto bagnarese; così ognuno cerca di riprodurre al meglio il suono delle parole. Sta anche al lettore riuscire a pronunciarle; anche perché, se è vero che si può scriverle in modo diverso, lo stesso non vale per la pronuncia che dev’essere sempre la stessa.
Questo mio non vuole essere un saggio su come scrivere in dialetto bagnarese, ma semplicemente un’introduzione a dei componimenti in dialetto che pubblicherò su questo blog con il solo intento di mantenere in esercizio il mio “Bagnaroto”. Vivendo fuori regione, non lo parlo più tanto spesso, e, quando lo faccio, non sempre mi capiscono. Così ho pensato di scrivere dei versi in dialetto. E devo dire che lo trovo molto stimolante e divertente, ma, allo stesso tempo, impegnativo. Non chiamatele poesie, ma semplicemente, componimenti in metrica. E mi scuso anticipatamente con quanti troveranno degli errori di scrittura.
E la prima composizione non poteva che essere dedicata a lei, la mia cara Bagnara che, come tanti altri, ho dovuto lasciare per motivi di lavoro, ma che porto sempre nel cuore, con i suoi pregi e i suoi difetti.
La rubrica ha per titolo: ”Vernacolando”.

Buona lettura.