Fin da giovanissimo ho
parlato il dialetto e l’ho sempre dato per scontato. Ma quando mi sono
soffermato ad analizzarlo, ho scoperto che è una vera e propria lingua, con la
sua grammatica e i suoi suoni, e che è bello e difficile da scrivere. Come dire: “Tra il dire e il fare, in questo
caso lo scrivere, c’è di mezzo il mare”.
Abituato com’ero con
l’italiano, dove le parole si scrivono così come si leggono, senza una pronuncia,
al massimo, spostando l’accento da una sillaba all’altra, il dialetto richiede
un accostamento diverso delle lettere in modo da poterne riprodurre alcuni suoni
particolari; e, soprattutto, l’introduzione della lettera “J”, che non c’è
nell’alfabeto italiano, ma che serve a scrivere quelle parole che si
pronunciano scivolando sulla “i”. Anche l’uso della “H” è particolare per poter
riprodurre foneticamente alcune pronunce. E poi ci sono tutte le parole tronche
all’inizio, che non si trovano in italiano, e che invece sono diffusissime in
dialetto; sono parole che dovrebbero cominciare con in, im, ecc., ma che
vengono troncate con un apostrofo e magari iniziano con due consonanti. Per esempio:
‘mbunari, ‘cchiù, ‘ncastratu. Comunque, mi è capitato di leggere tanti scritti
in dialetto e ho trovato che vari autori scrivevano la stessa parola in maniera
diversa. Per esempio: “Fhjauru”. Oltre che così, l’ho
vista scritta solo con la “H” iniziale, oppure con la “i” al posto della “j” o con tutt’e due. E così
tante altre. Questo perché non esiste un vocabolario di riferimento del
dialetto bagnarese; così ognuno cerca di riprodurre al meglio il suono delle
parole. Sta anche al lettore riuscire a pronunciarle; anche perché, se è vero
che si può scriverle in modo diverso, lo stesso non vale per la pronuncia che dev’essere
sempre la stessa.
Questo mio non vuole
essere un saggio su come scrivere in dialetto bagnarese, ma semplicemente
un’introduzione a dei componimenti in dialetto che pubblicherò su questo blog con
il solo intento di mantenere in esercizio il mio “Bagnaroto”. Vivendo
fuori regione, non lo parlo più tanto spesso, e, quando lo faccio, non sempre
mi capiscono. Così ho pensato di scrivere dei versi in dialetto. E devo dire
che lo trovo molto stimolante e divertente, ma, allo stesso tempo, impegnativo.
Non chiamatele poesie, ma semplicemente, componimenti in metrica. E mi scuso
anticipatamente con quanti troveranno degli errori di scrittura.
E la prima composizione
non poteva che essere dedicata a lei, la mia cara Bagnara che, come tanti
altri, ho dovuto lasciare per motivi di lavoro, ma che porto sempre nel cuore,
con i suoi pregi e i suoi difetti.
La rubrica ha per
titolo: ”Vernacolando”.
Buona lettura.